lunedì 5 ottobre 2009

Criterio equo di monetizzazione del tempo.

Vorrei condividere un piccolo trucco per poter avere uno scambio 'equo' e 'alla pari' di oggetti o servizi. Al di là del costo oggettivo delle merci, vi è un'altro costo, che spesso è difficile da quantificare, ossia il tempo speso da una persona per un servizio o preparare un prodotto. Non è giusto che il lavoro e il tempo speso da una persona non vengano retribuiti. Non è nemmeno giusto pagarli in modo spropositato. Poi c'è i problema di far pagare ognuno secondo le proprie possibilità.
Come fatturare il tempo 'puro'?
L'idea è questa. Tu mi fatturi mezzora, e io te la pago come la mia paga oraria, che posso dedurre dalla mia busta paga oppure facendo un po' i conti di quanto ricevo diviso quanto ho lavorato. Così io e te ci trattiamo da pari, con pari dignità e sostenibilità.

Questo è il criterio che definirei 'criterio equo di monetizzazione del tempo'.

Viceversa tante cose si capiscono osservando sulla busta paga la paga oraria, anzichè il netto del mese. Si capisce il costo effettivo e soggettivo degli oggetti che acquistiamo. Non  penserò più 'sono 10.000 lire vecchie', penserò invece: 'mi costa 35 minuti di lavoro ' (faccio per dire!!!).
Più complicato da gestire, ma più affascinante, invece, l'idea di partecipare o costruire una banca delle ore (ce ne sono, anche se io non ne sono mai venuta in contatto), in cui la mutua solidarietà delle persone e le reciproche capacità sono messe in rete per affrontare in modo brillante le incombenze della vita quotidiana.

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